Cà Moro
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RELAZIONE STORICO ARTISTICA
S.BELLINO (ROVIGO) - CA' MORO


La Villa Moro, di definita linea settecentesca nonostante un originale impianto risalente al secolo precedente e qualche alterazione nelle strutture, si affaccia sul canal Bianco, antica ed importante via di accesso nel Polesine.
La proprietà apparteneva ad una famiglia veneziana che possedeva molti terreni lungo il canal Bianco, indicati col toponimo di Cà Moro, dove venne appunto costruita la villa. Ai Moro (citati nei registri parrocchiali già dal 1602) rimane fino al 1824,anno in cui passa prima ai Marchetto poi (nel 1843) ai Carraggiani e quindi alla famiglia greca dei Biassidi che la tengono fino al 1946; dal 1975 la villa appartiene ai Fratelli Magagnini.


L'edificio si impone quale unico segno di emergenza sul territorio circostante e si presenta con un massiccio corpo cubico sviluppato su tre piani; sulla facciata principale una doppia scala d'accesso conduce al piano nobile dove, ai lati della grande porta d'ingresso, si aprono alte finestre rettangolari arricchite da un'elegante cornice in pietra a cimassa orizzontale. Perfettamente in asse con le corrispondenti aperture del primo piano, le finestre del secondo piano, di dimensioni però più ridotte, che vengono interrotte nella loro successione da un balcone centrale centinato, dotato di balaustra; il sottotetto prende luce da piccole finestre ellittiche.

Il ricorso a citazioni di repertorio classico, mirate a conferire una maggiore dignità al blocco rigidamente quadrato della costruzione, è ribadito soprattutto nel corpo centrale della facciata principale che si propone con un pronao a doppio ordine, sormontato da timpano, con quattro piccole lesene appena abbozzate sulla superficie, in una successione di ordine dorico-tuscanico e ordine jonico.

All'interno della villa, al piano terra, vi è un salone, con il soffitto diviso da due grosse travature, che dà accesso alle stanze un tempo adibite a cucine e servizi; i due piani superiori comunicano con una scalinata sulle cui porte uno stemma recante due leoni rampanti e le iniziali E.C.

I saloni e le stanze conservano i pavimenti in terrazzo veneziano, i soffitti a travature lignee e, in alcune di esse, sono ancora riscontrabili tracce di decorazioni a stucco. Di particolare interesse, sul retro della casa domenicale, è l'imponente rustico, costruito in epoca successiva, imposto e risolto in chiave neoclassica, il cui volume, oltre a distinguersi per la rilevanza delle dimensioni complessive,presenta una definizione architettonica del prospetto verso la villa, del tutto inconsueta nella pur vastissima modellistica architettonica rurale del Polesine.

Tale prospetto si articola infatti in tre avancorpi timpanati, sostenuti da colonne tuscaniche, poggianti su massicci basamenti in cotto e d'ordine maggiore rispetto a quelle del loggiato centrale, con una conseguente scansione di arcate maggiori e minori che produce un equilibrato e complesso gioco di contrapposizione chiaroscurali.

La parte superiore di tale prospetto, già adibito a granaio, riprende, all'interno dell'impaginazione sopra descritta, il ritmico succedersi delle finestre termali che ritroviamo anche sui fianchi e sul retro dell'edificio.

L a cappella padronale, alla quale e addossato un piccolo campanile, è inserita all'estremità del lato frontale del muro di cinta che circonda l'intero complesso e viene menzionata in una visita pastorale del 1604 da parte di un canonico padovano e visitatore generale di Adria, mons. Perotto. Dedicata inizialmente a S. Antonio da Padova, subì varie e sostanziali modifiche, cambiando anche denominazione come testimonia una lapide interna al sacro edificio, risalente al 1896,dalla quale l'oratorio risulta essere dedicato alla B.V. della salute.

L'ampio muro di cinta ingloba anche altre minori adiacenze rurali in grave stato di degrado e rappresenta l'unico collegamento fisico tra i diversi corpi di fabbrica che circondano la casa domenicale.

In una campagna dall'orizzonte piatto, l'ergersi da Cà Moro ha innegabilmente una sua naturalezza che può ricordare , forse anche non consiamente, il modo palladiano di appropiarsi dell'ambiente.

Ai sensi di quanto sopra espresso, costituendo l'intero complesso una testimonianza architettonica e ambientale,oltre che culturale, di rilevante interesse, ai sensi della legge 1 giugno 1939 n. 1089.

il soprintendente

Arch. Loris Fontana